I lavori partirono effettivamente nel 1986, l’anno di Chernobyl, dell’Argentina campione del mondo. Di Sindona e del primo Dylan Dog. Ma si interrompono poco dopo i primi 40 km dei 226 previsti perché i finanziamenti all’acquedotto procedono goccia a goccia, scatta il fermo per mancanza di soldi. Stop a progettazione e lavori, come si evince anche dal sito del consorzio dei comuni. Il completamento dell’intero schema idrico richiede investimenti per complessivi altri 45 milioni. Seguono nuovi impegni, promesse e progetti fino alla richiesta nel 2016 di aumentare la portata del bacino e ultimare la rete che viene però cassata dal niet della Regione e ora è rimessa al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche di Roma cui l’ente ha fatto ricorso, l’udienza a gennaio. Insomma, una storia arcitaliana che fa acqua da tutte le parti e in ultimo vede la perla di un cambio al vertice con il presidente che è espressione dei comuni con l’acqua e di un vice che rappresenta quelli senza. Il bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno che devono dare un senso a tutto questo.
Si tenta allora il compromesso. Sono appena state rinnovate le cariche sociali della società di gestione e i nuovi vertici cristallizzano di fatto l’assurda divisione tra comuni serviti e non. Il presidente è l’ex assessore del Comune di Macerata, servito dall’acquedotto. Il suo braccio destro è proprio Giacomucci di Castelfidardo che non ha mai visto una goccia d’acqua. Entrambi si ritrovano a gestire il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto del Nera. Che per tutti è un costo, ma disseta solo qualcuno.